mercoledì 29 aprile 2009

Lee Harvey Oswald



“Non ho sparato a nessuno, mi hanno arrestato solo perché ho vissuto in Unione Sovietica.
Sono un capro espiatorio!
Ho protestato perché mi hanno negato l’assistenza legale nel corso di quella brevissima udienza, non so di cosa si tratti. Mi hanno detto solo che sono accusato dell’omicidio di un poliziotto, non so nient’altro. Chiedo che qualcuno si faccia avanti e mi offra assistenza legale.”



Queste furono le ultime parole che Lee Harvey Oswald rilasciò alla stampa, la sera precedente alla sua morte avvenuta il 24 novembre 1963 per mano di Jack Ruby, un titolare di Night Club di Dallas.


Che cosa nasconde la frase: ”Sono un capro espiatorio”? Che cosa sapeva Oswald dell’assassinio? Era davvero lui il colpevole? Aveva agito da solo o faceva parte di una cospirazione? Ma, soprattutto, chi era in realtà Lee Harvey Oswald?

Nato a New Orleans il 18 ottobre 1939 in una famiglia della medio-bassa borghesia americana, Lee ha un’infanzia molto triste e solitaria, cresciuto senza l’affetto del padre, deceduto poco prima della sua nascita, e con la mamma costretta a crescere da sola lui, il fratello maggiore Robert ed il fratellastro John Pic.
L’infanzia di Lee si fa ancora più difficile quando la mamma Marguerite si risposa trasferendo a Dallas la famiglia, tuttavia queste seconde nozze vanno a rotoli in poco tempo e la madre inizia a dedicare al figlio tutte le attenzioni che gli erano state negate in precedenza. La famiglia effettua un altro trasloco e si stabilisce a New York. La madre Marguerite approfitta della partenza per il servizio militare dei due fratelli maggiori per crescere Lee, che non ha amici ed ha sofferto particolarmente una vita di continui spostamenti.
All’età di sedici anni, tenta di arruolarsi volontario nei marines, ma a causa della sua giovane età, la richiesta viene respinta. Un anno più tardi, nel 1957, il tentativo di arruolarsi viene accolto ed a soli diciassette anni Lee Harvey Oswald riesce a raggiungere suo fratello Robert nell’amato corpo dei marines degli Stati Uniti.
La vita nell’esercito appare fin da subito molto dura, e Lee viene anche sottoposto a corte marziale per essersi ferito accidentalmente ad un braccio con una pistola non registrata. In quel periodo studia lingue alla Monterey School, in California, dove impara lo Spagnolo ed il Russo.
In molti, ancora oggi, contestano l’affermazione che Oswald studiò il Russo nei marines, dato che nessuno studia lingue nell’esercito, e si ritiene erroneamente che non ci siano le prove di questo. Ebbene a pagina 192 del verbale datato 27 gennaio 1964 J. Lee Rankin, il coordinatore di tutto il pool di investigatori “targati” Warren, menzionò proprio l’argomento. Citò:” Noi della commissione Warren stiamo cercando di scoprire cos’abbia studiato Oswald alla Monterey School, mentre svolgeva regolare servizio nei marines”.
Come si nota, non viene messo in dubbio che Lee abbia frequentato quella scuola, la questione è solo cosa vi abbia studiato.
Successivamente, Lee, viene dislocato in una base americana segreta, in Giappone, dalla quale partono gli aerei Americani “U2”, che spiano l’Unione Sovietica; egli vi presterà servizio come operatore radar, fino alla prima metà del 1959, quando una presunta malattia della madre lo costringe a chiedere il congedo. Lo ottiene, e ritorna a Fort Worth dove si trattiene per qualche giorno prima di imbarcarsi per Helsinki, con la speranza di entrare in Unione Sovietica.
Giunto a Mosca, diserta, e fa richiesta di cittadinanza russa, gli viene trovato un alloggio ed un lavoro in una fabbrica di radio a Minsk. Circa sei mesi dopo il suo arrivo in Unione Sovietica, l’aereo spia “U2”, pilotato da Gary Powers, viene intercettato ed abbattuto nei cieli sovietici. Powers affermò che l’unico che poteva fornire dati per intercettarlo ed abbatterlo era proprio Lee Oswald. Dopo quell’incidente diplomatico il vertice di pace tra Krusciov ed Eisenhower fallì.
A Minsk, Lee, conosce e si innamora di Marina Prusakova, una giovane collega di lavoro, nonché nipote di un colonnello del KGB, il servizio segreto sovietico. Dopo qualche mese i due si sposano e dal matrimonio nasce una figlia June Lee.
La vita in Unione Sovietica non si rivela come Oswald si aspettava, oppure come in molti affermano, la missione era finita, ed inizia a prendere contatti con il governo americano per il rimpatrio. Il dipartimento di stato gli anticipa i soldi per il viaggio di ritorno, e l’Fbi affida all’agente James Hosty l’incarico di occuparsi di lui e della sua famiglia, al rientro. Appena rimpatriato, in poco più di due giorni gli viene rinnovato il passaporto. La famiglia viene ospitata dal fratello Robert e in seguito, la madre Marguerite compra una piccola casa a Fort Worth e li accoglie.
La convivenza però dura poco a causa dei continui litigi di Lee con la madre e la famiglia Oswald si trasferisce in una decrepita casetta di legno. È in quel periodo che Lee e Marina conoscono la comunità dei russi di Dallas, tutti anticomunisti, fuggiti dall’Unione Sovietica. Lee è convinto che l’Fbi che lo ha interrogato qualche volta dopo il suo rientro dalla Russia, lo segua di continuo, e quindi si procura una carta d’identità falsa a nome Alek James Hidell.
Nell’ottobre del 1962, Lee, lavora alla Jaggar Chiles Stovall, un’azienda fotografica che fornisce carte topografiche all’esercito. Il suo impiego durerà poco più di sei mesi. L’inizio del suo nuovo lavoro coincide con la scoperta di missili sovietici a Cuba, che determinò l’esplosione della crisi internazionale conosciuta come “la crisi dei missili a Cuba” che in quell‘anno portò il mondo sull‘orlo della guerra nucleare.
Successivamente Lee ottiene un posto di lavoro presso una ditta di caffè a New Orleans, luogo in cui ha trasferito la sua residenza. In quel periodo viene coinvolto in una lite con anticastristi cubani, che lo sorprendono a distribuire volantini con lo slogan “Lealtà verso Cuba”, pochi giorni dopo una visita dello stesso Oswald al loro gruppo. Lee viene arrestato e trattenuto una notte in prigione, dove chiede di parlare con l’agente dell’Fbi James Hosty il quale non stenderà nessun verbale, ne prenderà appunti del loro colloquio.
Nell’estate del 1963 Lee si reca a Città del Messico, dove, spacciandosi per un fotografo cerca di farsi rilasciare un visto per entrare a Cuba, vorrebbe partire subito ma le pratiche richiedono del tempo, quindi deluso se ne torna a Dallas. Nel mese di ottobre la situazione famigliare precipita e Marina si trasferisce con la figlia presso l‘amica Ruth Paine, mentre Lee affitta una camera presso la Sig. Earlene Roberts. Ruth cerca di conciliare la famiglia Oswald e trova un nuovo impiego a Lee come magazziniere presso il Texas Book Depository di Elm Street, l’edificio dal quale secondo la commissione Warren partirono i tre colpi di fucile che uccisero il presidente Kennedy.
Analizzando passo dopo passo gli eventi e la vita di Lee Harvey Oswald ci accorgiamo che spesso le sue azioni ed i suoi spostamenti hanno avuto coincidenze incredibili.
A soli diciassette anni si arruola volontario nei marines degli stati uniti, e presso la Monterey School studia il Russo. Questa è la prima scoperta a dir poco sbalorditiva, dato che non si è mai sentito di nessun marines che studia lingue mentre è in servizio nell’esercito, se poi analizziamo il fatto che Lee poco dopo diserterà in Unione Sovietica il quadro che abbiamo sotto agli occhi prende i contorni di un giallo. È interessante notare come la stessa commissione Warren non smentisce che Oswald abbia frequentato quella scuola.
Un Tenente Colonnello della marina testimoniò davanti alla commissione Warren:”Oswald ha sostenuto un esame di russo durante l’addestramento nei Marines, ma fu un pessimo esame, azzeccò solamente una parola su due ”.
Se proviamo ad analizzare un quadro più dettagliato della situazione ci rendiamo conto facilmente che Oswald non si esercitava come tutti gli altri commilitoni, ma veniva addestrato presumibilmente dal servizio segreto, dato che svolgeva un addestramento estremamente unico e particolare.
Il senatore Richard Schweiker dichiarò riguardo ad Oswald:” Aveva l’impronta dei servizi segreti dalla testa ai piedi”. Questa dichiarazione mi da motivo di riflessione.
Successivamente viene dislocato in una base segreta in Giappone da dove partono gli aerei U2 che spiano l’Unione Sovietica e dopo la diserzione in Russia uno di questi aerei viene misteriosamente abbattuto. Come risultato, il summit di pace che si doveva tenere tra Krusciov ed Eisenhower fallì proprio a causa di quell’imbarazzante episodio.
Il governo fornisce a Oswald i soldi per far ritorno in patria, ed appena sbarcato con la moglie che risulta essere la nipote di un colonnello dei servizi segreti sovietici, invece di processarlo per tradimento ed indagare a fondo sul conto di Marina, gli viene subito rinnovato il passaporto.
Questa storia non mi convince neanche un po’, e mi convince ancora meno quando Oswald inizia a lavorare alla Jaggar Chiles Stovall, un’azienda legata all’esercito al quale fornisce carte topografiche, e dalle quali furono scoperti i missili sovietici a Cuba, a soli centocinquanta chilometri dalle coste Americane.

La Commissione Warren


LA COMMISSIONE WAREN
Una settimana dopo la morte del Presidente Kennedy, fu istituita dal governo una commissione d’inchiesta per far luce sulle modalità dell’assassinio. Questa commissione era presieduta dal giudice della corte suprema degli Stati Uniti Earl Warren, dal quale prende il nome. I compiti della commissione erano innumerevoli: doveva innanzitutto stabilire chi commise l’assassinio e da dove furono sparati i colpi di arma da fuoco sul presidente, doveva stabilire quanti colpi furono sparati sulla Dealey Plaza, e se il presunto e defunto assassino Lee Harvey Oswald avesse avuto la capacità di eseguire l’attentato da solo o con la complicità di altri. La commissione doveva inoltre stabilire se Jack Ruby assassinò Oswald su commissione o se lo fece di propria iniziativa. Meno di un anno dopo, il 28 Settembre 1964, fu pubblicato il risultato dell’inchiesta. Era composto da 25 volumi, assolutamente indecifrabili per la mancanza di un ordine logico, sia nell’inserimento delle informazioni sugli interrogatori dei testimoni, che sulle prove raccolte e sulle perizie dei vari esperti medici e balistici, che collaborarono nell’indagine, ma soprattutto per la mancanza di un indice.
Ma quali furono i punti salienti del risultato della commissione Warren?

1) I colpi che uccisero il presidente Kennedy e ferirono il governatore del Texas Connally furono sparati dal sesto piano sull’angolo sud/est del deposito di libri della Texas School.

2) Prove attendibili affermano che furono sparati tre colpi.

3) Non vi è prova attendibile che i colpi siano stati sparati dal sottopassaggio a tre corsie dal fronte del corteo o da qualsivoglia posizione.

4) Nessuno dei membri della commissione ha alcun dubbio circa il fatto che tutti i proiettili, che hanno causato le ferite al presidente ed al governatore, furono sparati dal sesto piano del deposito libri della Texas School.

5) Testimoni sul luogo dell’assassinio videro un fucile sparare dalla finestra al sesto piano dell’edificio adibito a deposito. Ed alcuni testimoni videro un fucile alla finestra immediatamente dopo che furono esplosi i colpi.

6) Vi sono prove molto convincenti fornite dagli esperti che dimostrano come lo stesso proiettile, che trapassò la gola del presidente, abbia provocato anche le ferite del governatore Connally (reperto 399 della commissione).

7) Il presidente fu colpito una seconda volta da un proiettile, che penetrò nella zona posteriore destra del capo, provocando un’ampia ferita mortale.

8) I colpi che uccisero il presidente Kennedy e ferirono Connally, furono sparati da Lee Harvey Oswald.

9) Il fucile italiano Manlicher-Carcano calibro 6,5, dal quale furono sparati i colpi, era di proprietà, nonché in possesso di Oswald.

10) Alcuni indizi circa i motivi possono essere dedotti dalla sua storia familiare, dal suo grado di istruzione, il suo comportamento, i suoi scritti, e i ricordi di coloro, che avevano avuto rapporti ravvicinati con lui durante il corso della sua vita.

11) Sulla base della testimonianza di esperti, e dell’esame dei filmati dell’assassinio, la commissione è giunta alla conclusione che un uomo armato di fucile, che avesse le capacità di Lee Harvey Oswald, poteva aver sparato i colpi che erano partiti dal fucile impiegato nell’assassinio entro i tempi effettivi della sparatoria.

12) La commissione è inoltre giunta alla conclusione che Oswald aveva le capacità di commettere l’assassinio con un fucile.

13) Il presidente Kennedy fu dapprima colpito da un proiettile, che penetrò dalla parte posteriore del collo, provocando una ferita non necessariamente mortale. Fu poi colpito una seconda volta da un proiettile, che penetrò nel lato posteriore destro del cranio, provocando una grande ferita mortale

14) Non vi sono prove a sostegno della voce secondo cui Ruby sarebbe stato appoggiato da un qualche appartenente al Dipartimento di Polizia di Dallas, nell’uccisione di Oswald

15) Lungo l’intero corso delle proprie indagini la commissione non si è mai imbattuta in indizi di complotto, eversione o di infedeltà nei confronti del Governo degli Stati Uniti da parte di alcun funzionario di amministrazioni locali, federali o di Stato.

Per la commissione questo è tutto. Naturalmente l’esito non mancò di sollevare perplessità. La commissione, per arrivare a quel risultato, che io definirei quantomeno comodo, aveva erroneamente, se non deliberatamente, modificato le versioni di alcuni testi, ed addirittura alcune testimonianze non vennero nemmeno ascoltate e menzionate.
La cosa più incredibile accadde a Jean Hill, un’insegnante di trent’anni che il 22 novembre si trovava con un’amica sulla Elm Street.
La stessa dichiarò al procuratore distrettuale di New Orleans: “Si avvicinarono due tipi, non mi dissero il loro nome, ma dovevano averci osservato, perché erano al corrente di tutte le nostre mosse. Dissero di essere della polizia e ci condussero alla centrale.
Qui venni interrogata. Mi chiesero quanti spari avevo sentito.
Alla mia risposta “da quattro a sei” l’agente si arrabbiò molto: “Impossibile - disse - erano echi!” e continuò: “Abbiamo tre proiettili e tre spari, che provenivano dal deposito di libri. Questo è tutto ciò che posso dire”.
“No - risposi io - Ho visto un uomo sparare da dietro la staccionata. Che volete fare? Andate a prenderlo!”
Allora l’agente mi disse che la questione era già risolta: “Lei ha sentito solo tre spari e non parli di questo con nessuno!”.
Mi sembrò molto strano, erano passati solo venti minuti dall’attentato! In seguito vennero a casa mia quelli della commissione Warren ed anche a loro riferii di aver sentito da quattro a sei spari. Mi dissero che erano echi, che gli spari erano tre, e che già avevano l’assassino del presidente. Io replicai: “Conosco le armi da fuoco, mio padre era un guardiacaccia ed io sparavo alle tartarughe con lui. Quelli che ho sentito non erano echi, ma spari, da quattro a sei”. Uno di loro minacciò di farmi rinchiudere in un ospedale psichiatrico. Io capii subito che c’era qualcosa di losco, nessuno si arrabbia così quando ottiene una deposizione. Ho riletto la mia testimonianza apparsa nel rapporto Warren, è falsa dall’inizio alla fine”.
Tutti gli sforzi della commissione si concentrarono nel cercare di dimostrare che, quel giorno, furono esplosi solamente tre colpi di fucile, provenienti dal deposito di libri, e sparati da Oswald in 5,6 secondi, come provato dalla pellicola di Zapruder, un testimone cineamatore che con una cinepresa filmò la sequenza mortale del presidente, sulla Elm Street.
Il super-8 millimetri a colori di Zapruder è diventato il filmato ufficiale di quel giorno, in ottantanove fotogrammi, riprese l’intera sequenza degli spari. Quella pellicola era la prova che non avevano calcolato, quei 5,6 secondi, sono diventati un grosso problema per la commissione, così come il terzo ferito della giornata, James Tague, ferito di striscio ad una guancia, mentre si trovava all’imbocco del sottopassaggio a tre corsie, che portava fuori dalla Dealey Plaza.
Tague alla polizia dichiarò: “Pensai che qualcosa mi avesse punto sul viso, ed il mio amico Walter mi disse che c’era del sangue sul mio viso, e mi chiese dove mi trovavo. Beh - dissi -, laggiù vicino al sottopassaggio. Ci siamo mossi in quella direzione e dopo che Walter ebbe camminato per circa tre metri, mi disse: “Guarda là su quel paracarro, c’è un segno ben evidente che una pallottola lo ha colpito!” Non so dire se è stata la pallottola o un frammento di paracarro a colpirmi”. Fu detto a James Tague di tenersi a disposizione perché la commissione Warren lo avrebbe convocato per una deposizione, questo non successe mai. Anche se la commissione dovette comunque tener conto di quel proiettile.
Riassumendo, sappiamo che un colpo provocò la ferita mortale a Kennedy ed un altro colpì James Tague, rimane quindi un solo proiettile. La commissione Warren, piuttosto di ammettere che ci furono più di tre spari, avallò la teoria di un giovane ed ambizioso avvocato Arlene Specter (Foto), più nota come la teoria della pallottola magica, cioè è la base, su cui si fonda, per sostenere la tesi del folle solitario, ovvero, per giustificare sette ferite sul corpo di Kennedy e Connally provocate da un solo proiettile.
La pallottola magica entra nel corpo di Kennedy, dalla schiena (ferita n. 1) quattordici centimetri sotto la base del collo e si dirige verso il basso con un angolo di diciassette gradi, poi rimonta verso l’alto per poter uscire dal corpo del presidente dalla gola (ferita n. 2), diretta verso l’alto. Sosta per circa un secondo e sei decimi, presumibilmente a mezz’aria, per poi ripartire e girare a destra, quindi girare a sinistra e proseguire entrando nel corpo di Connally dalla parte posteriore dell’ascella destra (ferita n. 3). Si dirige quindi verso il basso con un angolo di ventisette gradi, fratturando la quinta costola di Connally, con foro di uscita dall’emitorace destro (ferita n. 4). Gira poi a destra e rientra nel corpo di Connally, dal polso destro, fratturando il radio (ferita n. 5). Uscendo dal polso di Connally (ferita n. 6) compie una drammatica inversione ad “U” e finisce la corsa nella coscia sinistra del governatore (ferita n. 7), dalla quale in seguito cade per essere ritrovata intatta, su di una barella nel corridoio dell’ospedale.
Se utilizziamo un po’ di logica e di buon senso, basta poco per comprendere che un proiettile non poteva causare tutte quelle ferite come è stato descritto sopra, quindi bisogna supporre che ci fu almeno un quarto sparo, e dato che la pellicola di Zapruder elimina ogni possibilità di attribuire ad Oswald l’ennesimo colpo, dobbiamo concludere che ci fu almeno un secondo attentatore, e se ci fu un secondo tiratore allora inequivocabilmente si deve parlare di complotto, e se dimostrato che a questo complotto parteciparono organi federali, militari o di governo allora per definizione si deve parlare di colpo di stato. Ma chi furono queste persone amiche e fidate di Lyndon Johnson che composero la commissione d’inchiesta Warren?
In gran parte personaggi molto vicini ai servizi segreti o agli apparati militari. È il caso di Allen Dulles, ex capo della Cia dal 1953 al 1961, e licenziato da Kennedy, dopo il fallimento della missione alla baia dei porci, assieme al suo vice, il generale Charles Cabell, che, a sua volta, era il fratello del sindaco di Dallas nel 1963, Earle Cabell. Gli altri membri della commissione erano il deputato della Louisiana, Hale Boggs, il senatore del Kentucky John Sherman Cooper, il senatore Richard Russel, per finire con il futuro presidente degli Stati Uniti, Gerald Ford (1974-1977), che succedette al dimissionario Nixon, dopo lo scandalo del Watergate, e l’ex vicesegretario della difesa John J McCloy. Naturalmente questi illustri personaggi erano stati nominati da Lyndon Johnson, neo presidente degli Stati Uniti, l’uomo che trasse i maggiori vantaggi dalla morte di JFK.
Una cosa curiosa accadde senza dubbio quando la commissione indagò sulla possibilità che una cospirazione fosse alla base dell’assassinio. Allen Dulles fece chiamare per una deposizione Charles Cabell, per capire cosa sapevano, dei fatti, alla Cia o ai Servizi Segreti, e se fossero direttamente o indirettamente coinvolti in un complotto. Naturalmente l’esito fu scontato, dato che Cabell era stato, al tempo, il vice direttore della Cia, e che il suo Direttore era proprio l’uomo che lo stava interrogando, Allen Dulles. Era come se l’imputato fosse anche l’investigatore. Ci sono molte altre cose che mi lasciano decisamente perplesso in questa intrigata vicenda.
La commissione ha sempre sostenuto che Lee Harvey Oswald fu un folle solitario, ed ogni teoria discordante da essa, fu resa nulla. Se così fosse, se Oswald fosse stato davvero l’unico attentatore, perché fece il fuoco mentre l’auto presidenziale risaliva la Houston Street? Sarebbe stato un colpo più semplice per un unico tiratore appostato al sesto piano del deposito dei libri, una zona di tiro frontale rispetto al presidente. Poi, successivamente, la pallottola migliore si sarebbe sparata all’incrocio tra la Houston e la Elm Street, il punto più vicino al deposito dei libri ed il punto più lento del corteo, proprio lì, l’auto, per svolgere quella curva, rallenta fino a quattordici chilometri orari. Inoltre c’è un dettaglio che non può essere trascurato. Di fronte al Texas book depository c’era un albero molto grande, una quercia sempreverde del Texas, quindi, il presunto attentatore, doveva quantomeno prendere atto che, sparare attraverso un fitto fogliame, gli avrebbe impedito la visuale e sarebbe stata un’impresa molto difficile. Edgar Hoover, capo dell’ Fbi nel 1963, dichiarò che a novembre gli alberi perdono le foglie. Questo non vale per la quercia sempreverde del Texas, che le fa cadere solo ai primi di marzo. Inoltre, il filmato di Zapruder, documenta che, quel giorno, la quercia era arricchita da una densa chioma, quindi, se qualcuno sparò realmente dal deposito di libri, lo fece senza una discreta visuale. Da quella pellicola che ho visionato molto attentamente, ho colto un particolare che, fino a questo momento, nessuno aveva mai citato o menzionato in nessun rapporto. Mi riferisco al colpo che provocò la ferita mortale al presidente Kennedy, e che, secondo la commissione fu sparato da Oswald, dal sesto piano del deposito dei libri. Impossibile! La provenienza di quel colpo fu contestata da molti, in particolare da Jim Garrison, procuratore distrettuale di New Orleans nel 1967, e a tutt’oggi l’unico ad aver promosso un procedimento d’accusa per l’assassinio Kennedy. Garrison basava la sua tesi sul fatto che, la testa del presidente, nel momento in cui viene trafitta dal proiettile, si sposta bruscamente indietro e a sinistra, una reazione assolutamente incompatibile con la teoria di un colpo sparato da tergo. A meno che non si voglia dubitare di ciò che si può vedere con gli occhi, bisogna ammettere che quel colpo fatale doveva per forza provenire dal fronte del corteo. Inoltre, si nota chiaramente come la first lady, Jacqueline, nell’istante in cui il marito viene colpito, si trova con la testa china verso di lui. Sapendo che il colpo gli ha trapassato il cranio, nessuno della commissione Warren si è mai preoccupato di spiegare il fatto che la stessa non sia stata colpita. Forse quel dettaglio è sfuggito a tutti, e probabilmente anche a Garrison, che in tribunale, con l’aiuto di un esperto di balistica, non avrebbe avuto alcun problema nel dimostrare l’errata valutazione, fatta dalla commissione Warren, sulla provenienza di quel proiettile.
In conclusione, si può affermare senza ombra di dubbio che la commissione Warren svolse un lavoro assolutamente inconcludente, invece di cercare la verità, fu insabbiata a più riprese inventando testimonianze e modificando fatti.
Il motivo di ciò a mio avviso è abbastanza evidente, e rimango convinto che la commissione Warren sia stata creata per accusare Oswald davanti all’opinione pubblica ed al popolo americano, piuttosto che a far luce sui fatti realmente accaduti quel 22 novembre in Dealey Plaza.

Dealey Plaza 22 Novembre 1963


Come andarono realmente i fatti in Dealey Plaza quel 22 Novembre del 1963?



DALLAS, 22 Novembre 1963


Ore 11.37 AM
L’air Force One partito da Fort Worth atterra all’aeroporto Love Field di Dallas a bordo ci sono il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, la moglie Jacqueline, ed il vicepresidente Lyndon Johnson. Ad attenderli il governatore dello Stato del Texas Connally con la moglie, oltre ad una gran folla di persone, giornalisti e fotografi.
Ore 11.52 AM
Kennedy e Jacqueline salgono sulla Limousine presidenziale assieme a Connally e moglie, mentre il vicepresidente Johnson segue su un’altra auto. Disposizioni di sicurezza nazionale impongono che il Presidente ed il Vicepresidente non devino mai in nessun caso viaggiare sulla stessa auto. La giornata che secondo le previsioni avrebbe dovuto essere piovosa e fredda si rivela invece mite e soleggiata a tal punto che si decide di togliere la copertura alla Limousine. Il corteo si dirige verso il centro di Dallas, la folla rallenta la corsa dell’auto, molte persone premono per una stretta di mano o per un saluto. Kennedy risponde a tutti, sorridente come al solito. L’auto presidenziale avanza lentamente, troppo lentamente. La tabella di marcia registra un forte ritardo. A mezzogiorno e mezzo la Limousine dovrebbe già trovarsi al Trade Mart, invece è ancora lontana ed il servizio d’ordine non è tranquillo.
Ore 12.30 AM
La Limousine entra in Dealey Plaza, svolta per la Elm Street, sull’auto la moglie di Connally si rivolge a Kennedy:”Nessuno può affermare che Dallas non l’ami e non la rispetti signor Presidente”. “Certo che no” è la risposta di Kennedy. Sono le sue ultime parole.
Ore 12.30.34” AM
Si ode il primo sparo che probabilmente manca il bersaglio e secondo i testimoni di quel giorno assomigliava ad uno scoppio da scappamento d’auto, da questo momento e per i successivi 5,6 secondi inizierà un vero e proprio tiro al bersaglio con il Presidente Kennedy al centro del mirino.

Fletcher Prouty un uomo che lavorò per i servizi segreti Statunitensi, e che concluse la sua carriera al pentagono, (Il cuore dei servizi di intelligent americana), raccontò alcune verità su quel tragico 22 Novembre 1963.
Quel giorno furono infrante tutte le regole di norma applicate dal servizio di sicurezza.
Il presidente ed il vicepresidente non avrebbero mai dovuto apparire insieme, la limousine non avrebbe mai dovuto essere scoperta e nemmeno aprire il corteo, avrebbe dovuto marciare a velocità molto più sostenuta. Al corteo inoltre non sarebbe mai stato permesso di affrontare la curva tra la Main e la Houston, così come quella tra la Houston e la Elm, in quei punti l’auto rallenta fino a quattordici chilometri orari, decisamente troppo pochi. Non avrebbe dovuto esserci neanche una finestra aperta sulla Dealey Plaza, nessuno affacciato ad un balcone, avrebbero dovuto esserci agenti in borghese a controllare tutta la piazza, non sarebbe stato permesso di accendere nemmeno una sigaretta, ma purtroppo andò diversamente.

È accertato che sulla Dealey Plaza non c’erano agenti segreti in servizio per la copertura a JFK, o meglio c’erano degli agenti dei servizi segreti lì quel giorno, ma con compiti che ancor oggi non sono stati chiariti e sicuramente non per salvaguardare il Presidente.
Non possiamo sapere con certezza se l’intinerario del corteo fu modificato all’ultimo momento come molti tutt‘ora sostengono, e non sappiamo se realmente vennero aggiunte Houston Street ed Elm Street, guarda caso le due vie dove Kennedy fu assassinato, però possiamo fare un ragionamento sulla base di alcune supposizioni. Se realmente l’intinerario del corteo presidenziale fu modificato chi aveva il potere per farlo? Chi decise la modifica? Perché?
Di certo possiamo affermare con assoluta certezza che non può essere stato Lee Harvey Oswald, il presunto e defunto assassino di JFK, ed utilizzando un po’ di logica e di buon senso ci viene da pensare che la modifica può essere stata decisa da persone molto in alto nei servizi di sicurezza americani, dall’Fbi, o dalla Cia. Alcuni hanno sostenuto la tesi che il sindaco di Dallas Earle Cabell abbia deciso di far transitare il corteo sulla Dealey Plaza ma a me pare molto inverosimile, una tale responsabilità non viene di certo affidata ad un sindaco o a degli assessori comunali, anzi viene gestita direttamente dai servizi segreti che di routine qualche giorno prima percorrono l’intero tragitto del corteo per valutarne il rischio e i punti cardine in cui il presidente potrebbe essere a rischio attentati. Nel caso di Dallas devono aver valutato male la pericolosità di far percorrere alla limousine Presidenziale l’incrocio tra la Main Street e la Houston, ma soprattutto l’incrocio tra la Houston e la Elm una curva il cui angolo supera i novanta gradi e la limousine per percorrerlo è costretta a rallentare fino a quattordici chilometri decisamente troppo pochi per avere un margine di sicurezza per il Presidente.
Ma perché in molti vive il sospetto che il sindaco di Dallas possa essere coinvolto in un complotto contro Kennedy e che abbia fatto modificare il percorso del corteo presidenziale facendolo transitare per la Dealey Plaza?
C’è da precisare una cosa molto importante a riguardo. Earle Cabell il sindaco di Dallas è il fratello del generale Charles Cabell ex vice direttore dalla Cia, licenziato da Kennedy nel 1961 dopo il fallimento del famigerato sbarco alla baia dei porci,un tentativo maldestro e fallimentare di invasione a Cuba nelle mani del rivoluzionario Fidel Castro, gestito ed organizzato dalla Cia senza l’autorizzazione e l’appoggio “ufficiale” della casa Bianca. Kennedy insieme a Charles Cabell licenziò in quell’occasione anche Allen Dulles il direttore e capo della Cia in carica dal 1953, lo stesso Allen Dulles che una settimana dopo la morte di JFK fece parte della commissione Warren. Molti vedono delle strane coincidenze e qualcosa di sinistro in tutto questo, io posso dire che la cosa mi ha dato parecchio da pensare.
Ma come si è creata la leggenda del percorso del corteo modificato all’ultimo?
Intanto bisogna precisare che non si tratta di una leggenda ed i dubbi in effetti appaiono fondati. Sul Dallas Morning News del 22 Novembre 1963 appare una piantina stradale con il programma dell’intero corteo presidenziale.
Appare chiaro osservandola come il giornale dia rilievo al fatto che Kennedy avrebbe percorso per intero la Main street fino all’incrocio con la Stemmons freeway che lo avrebbe condotto fino al Trade Mart per il banchetto in suo onore, e che della variante Houston - Elm street il giornale non ne era a conoscenza.
Un altro particolare che non può passare inosservato è senza dubbio il fatto che la copia del giornale Dallas Morning News del 22 Novembre 1963 consegnata nelle mani della commissione Warren al posto della piantina/programma del corteo presidenziale presentava un quadrato grigio, quindi la domanda che mi pongo è questa… Chi ha consegnato nelle mani della commissione Warren una copia del giornale “rivista” rispetto alla copia che si trovava in edicola il 22 Novembre 1963? Ed ancora, per quale motivi c’era da far sparire la mappa dal giornale? E chi ha avuto il potere di far stampare una copia del giornale modificata da consegnare alla commissione? E perché tutto questo? Naturalmente non lo sapremo mai, di certo ad uno spettatore neutrale alla vicenda qualche dubbio può venire.
La commissione Warren afferma che i colpi sparati furono soltanto tre, la cui provenienza era senza dubbio il deposito di libri, e che furono sparati da Lee Harvey Oswald.
Mary Ferreld, che visionando più volte il filmato del giorno dell’attentato assieme ad un amico, Robert Glove Blakey, si accorse che la motocicletta dell’agente H.B McClain, uno dei numerosi poliziotti di scorta al corteo, aveva la radio con luce rossa accesa. Questo fatto stava a significare che quella radio, era inavvertitamente rimasta in funzione, aveva trasmesso il sonoro dell’attentato alla centrale, che, come sappiamo, registra tutte le conversazioni radio con i propri agenti.
Per anni, quindi, una delle scoperte più sensazionali dell’assassinio Kennedy, è stata custodita nell’archivio della centrale di polizia di Dallas all‘insaputa di tutti. Robert Blakey convinse il Senatore del suo collegio a far riaprire l‘inchiesta e fece registrare e autenticare le registrazioni. Quel nastro rivela al di fuori di ogni ragionevole dubbio che i colpi sparati furono almeno quattro. Non potendo attribuire a Lee Oswald questo quarto sparo dobbiamo prendere in considerazione l’ipotesi di un secondo tiratore sulla Dealey Plaza, ed attribuire ad esso almeno uno dei quattro o più spari, resta ora da stabilire quale.
Sappiamo che quel giorno in Dealey Plaza si trovava Abraham Zapruder, il sarto cineamatore che con la sua camera super8millimetri riprese il corteo presidenziale sulla Dealey Plaza nel momento in cui ci fu l‘attentato. Il suo filmato fece il giro del mondo e diventò il film ufficiale dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy.
Quello che non tutti sanno però è che di fronte a lui si trovava un altro cineamatore, Orville Nix, e anche lui riprese l’attentato ma da un’angolazione differente, si trovava dal lato opposto di Elm Street rispetto a Zapruder stesso.
Jean Michel Charlier, un francese che per anni si interessò al caso JFK, riuscì a metà degli anni novanta a farsi prestare dal figlio di Nix il filmato girato dal padre, e con le moderne tecniche di digitalizzazione dell’immagine, riuscì a pulire le imperfezioni delle pellicole del tempo, ed ottenne fotogrammi di buona qualità. Il risultato fu straordinario, in un fotogramma si può vedere chiaramente una giardinetta parcheggiata di fianco ad un uomo, che, posto sulla collinetta di fronte a Kennedy, prende la mira con un fucile tra le mani pochi istanti prima del colpo fatale. Subito dopo gli spari la giardinetta e l’uomo sparirono.
Su questa nuova scoperta non sono mancate le varie repliche e smentite da parte di esperti e ricercatori. La Itek Corporetion con un apposito studio ha rivelato che quello che in molti sostengono essere un uomo che spara dalla collinetta è in realtà una semplice macchia di luce. La cosa che più mi lascia sorpreso è senz’altro il fatto che ad ogni nuova prova emersa in questi anni c’è sempre qualcuno che prova con ogni mezzo a smontarla. Voglio concedere il beneficio del dubbio alla Itek Corporetion anche perché senza gli strumenti adatti non posso ottenere riscontri diversi dai loro, ma voglio permettermi di affermare che da quello che riesco a vedere in quel fotogramma datato e sfuocato la sagoma assomiglia più ad un uomo con un fucile che non una macchia di luce, almeno che la macchia stessa non sia l’ombra dell’uomo sulla collinetta.
Questa prova potrebbe essere la conferma che gli innumerevoli testimoni, che erano presenti Dealey Plaza quel giorno, e che indicarono il terrapieno come luogo di provenienza di qualche colpo avevano ragione: gli spari provenirono anche dalla collinetta a fronte del corteo e non solo dal deposito di libri.
Questo secondo tiratore escluderebbe categoricamente ogni possibilità che Lee Harvey Oswald possa aver agito da solo, e quindi la teoria del folle solitario predicata dalla commissione Warren, viene resa molto discutibile.
Ma quale fu la sequenza degli spari?
Proviamo a ragionare sulla base della teoria del complotto ipotizzata da Jim Garrison, il procuratore distrettuale di New Orleans nel 1967, l’unico fino a questo momento ad aver promosso un procedimento d’accusa per l’assassinio Kennedy.
Secondo Garrison il primo colpo assomiglia ad uno scoppio da scappamento d’auto e manca completamente il bersaglio, colpisce di striscio James Tague, uno spettatore del corteo presidenziale che si trova all’imbocco del viadotto.
Il secondo sparo proveniente dal davanti, dalla cima della collinetta, colpisce Kennedy alla gola, questo sarebbe il colpo provato dalla pellicola di Nix.
Il terzo colpo proveniente da dietro colpisce Kennedy alla schiena, quattordici centimetri e mezzo sotto la base del collo. Non si sa da dove sia stato sparato, forse da Oswald dal deposito di libri o dal palazzo della Daltex adiacente al deposito dei libri.
Il quarto colpo, sparato circa due secondi dopo il terzo, colpisce Connally alla schiena.
Il quinto, colpo quello fatale, fu il terzo a colpire Kennedy. Fu sparato dal davanti, dalla cima della collinetta e colpì il Presidente sopra l’orecchio destro.
Il sesto colpo, arrivato quasi simultaneamente al quinto, colpì Connally al polso destro.

Nessuno dei testimoni oculari di quel giorno in Elm Street ha mai avuto dubbi sul fatto che uno o più colpi partirono da dietro la staccionata sulla collinetta, a fronte del corteo.
Bill Doll dichiarò:” Eravamo in tre o quattro ed abbiamo visto tutti la stessa cosa, il fumo veniva da dietro la siepe a nord della Plaza, un poliziotto motociclista mollò li la sua moto e con la pistola in mano corse su per il terrapieno verso la staccionata”.
S.M.Holland:” Io dico che la commissione Warren sbaglia perché io sono stato testimone oculare del fatto e so che la pallottola che colpì il presidente Kennedy non fu la stessa che colpì il governatore Connally”.

Una persona che la commissione Warren non riuscì a convincere con la sua tesi della pallottola magica è proprio il governatore Connally, che come sappiamo era seduto nella stessa auto e di fronte a Kennedy:
“È fuori discussione che quando fu sparato il primo colpo capii immediatamente che si trattava di uno sparo, non pensai ad altro che ad un colpo di fucile. Mi girai a destra ebbi il tempo di pensare, ebbi il tempo di reagire, mi girai a destra per guardarmi dietro la spalla per vedere se ci fosse qualcosa di insolito o di particolare, per cercare di vederlo con la coda dell’occhio, perché pensai immediatamente al presidente. Come udii lo sparo pensai immediatamente ad un attentato per assassinare il presidente. Non vidi nulla se non tutti quanti che salutavano, la gente in movimento, niente di insolito, non vidi il presidente con la coda dell’occhio, e stavo per girarmi per guardare dietro la spalla sinistra; mi ero girato sino al punto in cui potevo vedere dritto davanti a me, quando sentii il colpo del proiettile che mi aveva colpito. So di non essere stato colpito dal primo proiettile, e so anche che non fui colpito dal terzo colpo, ne sono assolutamente certo.

Billy Newman:” Non so chi fu ad essere colpito per primo, il presidente fece un balzo sul sedile e, mentre la macchina si trovava proprio davanti a noi, un colpo di fucile che sembrava provenire da dietro di noi lo colpì alla tempia”.
Domanda:” Pensa che il colpo provenisse dall’alto del viadotto in direzione del Presidente”?
Billy Newman:” Direi di si, non dal viadotto vero e proprio, ma dalla cima della collinetta, da dietro la staccionata. Mentre l’auto presidenziale iniziava la folle corsa verso il Parkland Hospital, la folla sulla Dealey Plaza si riversò tutta sul terrapieno erboso, da dove aveva udito provenire i micidiali colpi”.
Uno dei testimoni chiave fu senza dubbio Lee Bowers: si trovava nella torre dello scalo dei treni, cioè dietro la staccionata da dove parti il colpo alla gola e quello mortale alla tempia destra inferto a Kennedy.
Lee Bowers:” La zona era stata chiusa al traffico già dalle dieci, ma tre auto arrivarono allo scalo dei treni in quel lasso di tempo che va tra mezzogiorno e l’ora dell’attentato; fecero il giro del parcheggio, e se ne andarono come se stessero controllando la zona. Uno degli autisti sembrava tenesse in mano qualcosa che portava vicino alla bocca. L’ultima auto transitò da dieci a sette minuti prima degli spari. Era una Chevrolet bianca, una Impala a quattro porte, infangata fino ai finestrini.
Verso il sottopassaggio vidi due uomini, erano in piedi dietro la staccionata, guardavano verso l’incrocio tra Main e Houston mentre sopraggiungeva il corteo. Uno era di mezza età e corpulento, l’altro era più giovane.
Poi c’erano altri due uomini al lato est del parcheggio entrambi in divisa da poliziotto. Al momento degli spari sembrò esserci un po’ di confusione.
Non riesco a descriverlo. Un lampo di luce, del fumo, qualcosa che mi fece pensare che qualcosa fuori dall’ordinario era accaduto sul marciapiede”.
Il sergente D.V Harkness subito dopo l’attentato corse su per la collinetta, si diresse verso lo scalo dei treni con un collega per chiudere la zona.
“Ho chiuso la zona e fermato i treni per l’ispezione, c’erano dei barboni a bordo di almeno uno dei treni”
“C’era li un treno merci con delle persone a bordo che io ed il mio collega portammo al distretto, erano dei vagabondi, furono interrogati e poi rilasciati”.
Chi erano quei barboni? Perché furono fotografati dal fotografo del Dallas Time Herald che però non pubblicò mai le foto? Che ci facevano tutti insieme in pieno giorno nel vagone di un treno merci situato proprio dietro la staccionata, sopra la collinetta, da dove probabilmente furono sparati i colpi contro Kennedy? Da quando i barboni portano camicie con i colletti ed i polsini non certo logori, scarpe nuove, mani pulite, unghie tagliate, barba e capelli rasati di fresco?
Oggi sappiamo che in quelle foto che rimasero nascoste all‘opinione pubblica, erano fotografati agenti della CIA e dell’ FBI.
Fletcher Prouty è un ex capo delle operazioni speciali del pentagono (1960-1964); rispondendo alla domanda di un giornalista che stava indagando sul caso Kennedy nel 1991 dichiarò.
Domanda:” Lei era molto amico di Ed Lansdale”?
Si, abbiamo lavorato insieme dal 1952 fino al suo congedo nel 1963 il mio fu nel 1964. Per quasi tutto il tempo i nostri incarichi hanno coinciso, oppure lavoravamo insieme nella stessa unità. Anche se lui apparteneva alla CIA ed io ero un militare, ma il sistema è organizzato così. L’esercito dovrebbe sostenere la CIA.
Domanda:“Quello che le chiedo è se le ha mai parlato dopo il 1965? Per discutere di quello che era successo“?
No, perché nessuno di noi due parlerebbe di affari di stato, se non fosse essenziale, è una questione di professionalità. Anche se ho riconosciuto la sua foto tra quelle dei cosiddetti “Barboni”, ho pensato che la miglior cosa da fare era lasciar perdere e comunque ho mandato lettere ad amici di allora ed ho mandato le foto senza dire chi pensavo potesse esservi ritratto, chiedevo ai miei amici “che ne pensate di queste foto?” Ogni volta la reazione è stata la stessa: “Oddio, ma quello è Ed Lansdale”. Ovviamente lo sapevo. Questo conferma il fatto che nelle foto c’era lui, perciò non mi è servito parlare con lui, credo fosse lì per lavoro, come Lee Harvey Oswald e quindi ho lasciato perdere.
Ma cosa facevano degli agenti della CIA e dell’ FBI nascosti in quel vagone del treno merci?
Naturalmente non lo sapremo mai, possiamo solamente fare delle ipotesi.
Secondo Jim Garrison il procuratore distrettuale di New Orleans che indagò sul caso,
quegli agenti avrebbero preso parte direttamente o indirettamente all’attentato, e successivamente si sarebbero nascosti all’interno del treno. Una volta scoperti, l’idea di fingersi dei senzatetto fu certamente la migliore che in quel momento potessero avere. Il capo di tutta l’operazione Ed Lansdale, passando accanto agli arrestati mentre transitavano per la Dealey Plaza diretti all’ufficio dello sceriffo della contea per essere interrogati, fa dei cenni convenzionali per tranquillizzarli sul fatto che sarebbe andato tutto bene.
La teoria potrebbe sembrare fantasiosa ma non del tutto inverosimile, d’altro canto nessuno ha mai dato una spiegazione per quanto riguarda la presenza di agenti della Cia e del servizio segreto sulla Dealey Plaza quel giorno, così come nessuno ha mai smentito la presenza. (Per altro documentata dalle foto e quindi difficile da smentire). Ma chi erano questi tre barboni “o come li chiamano in USA the three tramps“ arrestati in prossimità dello scambio ferroviario?

In primo luogo c’è da dire per quanto riguarda l’arresto e l’interrogatorio qualcosa di quanto meno sospetto deve essere accaduto, dato che non esistono annotazioni di arresto ed i verbali dell’interrogatorio sono svaniti e nessuno è riuscito a trovarli.
In secondo luogo basta osservare bene le fotografie che abbiamo a disposizione per capire che solamente uno dei tre vagabondi assomiglia realmente ad un tramps, l’ultimo della fila, quello più vecchio, mentre gli altri due più giovani sono curati, ben vestiti, e con un abbigliamento tutt’altro che da vagabondi, barba rasata, polsini della camicia puliti.
Molti ricercatori e autori di libri si misero ad esaminare le foto per cercare di trovare una somiglianza o un riscontro per collegare i volti delle fotografie a dei nomi. Naturalmente è chiaro a tutti che l’impresa si dimostra ardua, però in molti notarono che l’ultimo dei tre vagabondi, quello vecchio, assomigliava molto a Howard Hunt, un’agente della Cia. Il primo invece fu identificato come Frank Sturgis Fiorini, un’agente del governo cubano, mentre il secondo fu identificato come Earl Ray il killer che qualche tempo dopo uccise Martin Luther King.
Nel 1989 quando il Dallas City Council decise di rendere pubblici tutti i documenti della città riguardanti l’assassinio di Kennedy, successe che tra le cataste di documenti spuntarono dei verbali di arresto di tre uomini, Harold Doyle, John Forrester Gedney e Gus W.Abrams. Iniziò subito la ricerca dei tre, e dato che si disponeva dei nomi e cognomi non fu difficile risalire a loro.
Harold Doyle, residente a Klamath Falls nell’Oregon disse di ricordare bene il giorno dell’arresto e confermò di essere uno dei tre barboni.
John Forrester Gedney, risiedeva in Florida a Melbourne e lavorava come agente di polizia municipale, aveva nascosto ai suoi concittadini ed agli amici il suo passato da vagabondo, ma confermò di essere uno dei three tramps fermati in Dealey Plaza. Riguardo all’abbigliamento al momento dell’arresto Gedney disse che ricorda di aver passato la notte tra il 21 ed il 22 Novembre 1963 in un centro di accoglienza che aveva fornito loro un pasto caldo, vestiti puliti e la possibilità di lavarsi e radersi.
Gus W.Abrams, il più vecchio dei tre era ormai morto.
Il mistero dei three tramps quindi sembrerebbe risolto dal 1989, anche se ancora oggi in molti non credono alla veridicità dei verbali di arresto spuntati ventisei anni dopo l’assassinio di Kennedy, inoltre rimane sempre da spiegare la presenza di Ed Lansdale sulla Dealey, un particolare non da poco.

Chi? Come? Perchè?

Pochi minuti dopo le 12.30 di Venerdì 22 novembre 1963, l’Associated Press lancia sulle telescriventi di tutto il mondo il primo “flash” sull’attentato al presidente degli Stati uniti John Fitzgerald Kennedy:” Hanno sparato oggi sul presidente proprio mentre il corteo presidenziale si allontanava dal centro di Dallas. La First Lady è balzata in piedi e ha afferrato Kennedy. Ha gridato “ho, no”. Il corteo delle automobili è poi proseguito velocemente”. A questo comunicato ne seguiranno altri sempre più drammatici. Fino all’ultimo: “Il presidente Kennedy è morto”.
La notizia lascia sgomento il mondo intero.
John Fitzgerald Kennedy, 35 presidente degli Stati Uniti d’America, veniva assassinato a colpi di fucile, sotto gli occhi di un’incredula nazione e del mondo intero. Moriva cosi il più giovane presidente eletto della storia americana, il primo cattolico alla guida degli Stati Uniti, quell’ ”uomo nuovo” che una parte dell’America aveva mandato alla casa bianca per voltare pagina dopo gli anni più rigidi della guerra fredda, Kennedy era il simbolo delle nuove libertà degli anni 60 e agli occhi dell’opinione pubblica rappresentava il cambiamento, ma quel pomeriggio di Dallas la storia Americana, e con essa quella del mondo, cambiò traumaticamente.
La presidenza di JFK, durò in tutto poco più di mille giorni, dal 20 gennaio 1961 al 22 novembre 1963, ma intorno alla sua figura, ed al suo programma della “nuova frontiera” che aveva scosso le corde di una nazione costituzionalmente “pioniera”, si erano andate consolidando speranze, forse assai più grandi di quelle che il giovane presidente avrebbe potuto, forse, trasformare in fatti compiuti.
Non sarà mai possibile, purtroppo, avere una verifica storica su quale poteva essere l’effettiva incidenza di JFK sulla storia del suo paese e del mondo, un fatto è tuttavia certo: tra gli anni sessanta ed i primi anni novanta il Kennedysmo è stato per generazioni di americani e non, uno dei “miti” politici di riferimento, forse al di là delle intenzioni espresse prima dallo stesso JFK, poi dal fratello Robert, anch’egli destinato a concludere tragicamente la sua avventura umana e politica cinque anni dopo il fratello maggiore. Oggi a quarant’anni da quel tragico novembre 1963, le tracce lasciate da JFK nella storia, sono e resteranno ancora per molto tempo ben visibili a tutta l’umanità.
Quel ventidue novembre, morì un pezzo di storia americana, un pezzo di storia del mondo, un pezzo di qualcosa che ancora manca, e per quanto mi sforzi nel cercar di capire, o meglio nel cercar di spiegare che cosa sia assente in quel macabro quadro di morte, l’unica parola che mi frulla nella mente è giustizia.
Una giustizia, sepolta sotto un cumulo di bugie e falsità, di conferme e smentite, di cose mai avvenute ma dette, di cose mai dette ma avvenute.
Il 29 Novembre 1963, una settimana dopo la morte del Presidente degli Stati Uniti fu costituita la commissione Warren che aveva il compito per far luce sulle modalità dell’assassinio Kennedy. Il presidente era il giudice della corte suprema degli Stati Uniti Earl Warren. Con lui ne fecero parte Allen Dulles ex capo della Cia, Gerald Ford il futuro presidente degli Stati Uniti (dal 1974 al 1977 poi dimissionario per lo scandalo Watergate), il senatore Richard Russel, l’ex vicesegretario della Difesa John J.Mc Cloy, il deputato della Louisiana Hale Boggs, ed il senatore del Kentucky John Sherman Cooper. Questa commissione fu istituita su ordine del neo presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson, con la firma sull’esecutivo n°11130.
Per molti anni mi sono posto sempre la stessa domanda, “Chi ha ucciso Kennedy?..”. Oswald? La Mafia? La Cia? Gli esili cubani? Castro? Il Governo? L’Fbi? I Russi? o chi altri?.. A tutt’oggi mi rendo conto che la domanda che mi ponevo era quella sbagliata, e non mi avrebbe portato da nessuna parte se prima non davo la risposta ad un’altra domanda, “Perché hanno ucciso il Presidente Kennedy?”
Istintivamente direi che Kennedy era contro la guerra e non la voleva fare, l’aveva vissuta in prima persona durante il secondo conflitto mondiale ed aveva perso il fratello maggiore, Joseph Jr, nel 1944 durante un’azione militare nei cieli della Germania. Era consapevole che nemmeno il popolo voleva altro spargimento di sangue Americano qua e la in giro per il mondo ed il Vietnam iniziava a diventare un problema considerevole, una tegola che JFK ereditò da Eisenhower ma che non condivideva.

“Se il loro governo non si impegna ad ottenere il consenso popolare, dubito che potremo vincere la guerra. È la loro guerra e sta a loro vincerla o perderla”.

Kennedy scopre di aver una guerra segreta contro il regime comunista di castro a Cuba, una guerra condotta dalla CIA e dagli esiliati Cubani addestrati in America in campi militari segreti (La fantomatica operazione mangusta). Castro è un rivoluzionario di successo che minaccia gli interessi americani in america latina. La guerra culmina con il disastroso sbarco alla baia dei porci nell’aprile del 1961. Kennedy rifiuta la copertura aerea ad una brigata d’assalto di esili cubani, mesi di lavoro della CIA erano stati vanificati da un ordine di JFK “Non invadere l‘isola”. Pubblicamente si assume tutte le responsabilità del fallimento di quella missione, ma privatamente disse che la CIA gli aveva mentito allo scopo di spingerlo ad ordinare un’invasione in piena regola di Cuba.
La politica Kennedyana mirava a porre fine alla guerra fredda e creare rapporti più distesi con Unione Sovietica e Cuba.
Nell’ambiente militare, paramilitare e dei servizi segreti c’erano parecchie persone molto arrabbiate, la politica “distensiva” di JFK stava diventando una minaccia sempre più concreta per chi faceva della guerra un business da milioni di dollari. Uno stretto collaboratore del presidente, Theodore Sorensen, raccontò all’Ansa il 20 novembre 1993 che “Kennedy tentò in tutti i modi di mettere le redini alla Cia ma non riuscì mai ad averla sotto controllo, nonostante tutti i suoi sforzi, accadevano molte cose di cui lui non era a conoscenza, e che mai e poi mai avrebbe approvato, come l’uso dell’assassinio come strumento politico”. Nell’ottobre del 1962 il mondo è sull’orlo di una guerra nucleare, quando JFK ordina il blocco di cuba dopo aver rivelato la presenza di missili nucleari Russi a 150 chilometri dalle coste Americane. Navi sovietiche con altri missili salpano alla volta di Cuba ma all’ultimo momento invertono la rotta. Il mondo tira un sospiro di sollievo ma a Washington corre voce che Kennedy abbia stretto un accordo segreto con il premier russo Krusciov rinunciando ad invadere Cuba in cambio del ritiro dei missili sovietici.
In molti avrebbero avuto un grande interesse nel togliere di mezzo Kennedy. Tra questi c’è sicuramente la mafia, che vide il sogno di riprendere il controllo dei casinò e del mercato nero delle armi, a Cuba, infrangersi contro l’ordine di JFK di non invadere l’isola, inoltre con la morte di John la mafia avrebbe tolto al ministro della Giustizia Robert Kennedy, l’appoggio del fratello dalla Casa Bianca, e questa non sarebbe stata cosa di poco conto, dato che Robert stava oramai con il “fiato sul collo” ai maggiori boss mafiosi tra i quali Sam Giancana, Carlos Marcello e Santos Trafficante
Detto questo e sapendo quanti interessi economici, bellici, politici, sociali ruotavano attorno a Kennedy risulta difficile pensare che Lee Harvey Oswald abbia fatto tutto da solo ed apparentemente senza un motivo se non quello di avere notorietà. Kennedy è stato ucciso in Texas, uno stato che non lo amava e questo è risaputo, infatti la visita a Dallas veniva descritta come visita in una città ostile.
I petrolieri texani erano molto arrabbiati perché Kennedy aveva tolto loro dei vantaggi fiscali goduti fino a quel momento, che in termini economici significavano milioni di dollari in più nelle casse dello stato.
La pista dei petrolieri texani come mandanti dell’assassinio è stata battuta da molti ma nessuno riuscì mai a trovare un briciolo di prova a sostegno di questa tesi, anzi a mio avviso nessuna delle teorie fino ad ora espresse in merito è da ritenersi definitiva e finale, nemmeno quella di Oswald come folle solitario perché le prove ritrovate al sesto piano del deposito di libri lo accusano in parte, ma non lo inchiodano in maniera definitiva. Ci sarebbero troppe incongruenze fra esse e soprattutto troppa confusione nelle indagini, e troppe persone che erroneamente o deliberatamente hanno inquinato prove.
Un esempio è una telefonata fatta dal capo dell’Fbi John Edgar Hoover a Walter Jenkins, l’assistente del presidente Johnson, immediatamente dopo l’uccisione di Lee Harvey Oswald, telefonata in cui le parole di Hoover furono testualmente:
”Per il viceprocuratore Katzenback, e per me, la cosa più urgente è pubblicare sulla stampa qualcosa che convinca l’opinione pubblica che il vero colpevole è Lee Oswald”.
La risposta non si fece attendere e il giorno successivo l’associated press scrive: Washington, 25 Novembre 63
Il direttore dell’Fbi J.Edgar Hoover, ha affermato quest’oggi che tutte le informazioni a sua disposizioni indicano che Lee Harvey Oswald abbia agito da solo nel perpetrare l’uccisione del presidente John Fitzgerald Kennedy. “Non è emerso neppure uno straccio di indizio che possa far pensare che altre persone fossero coinvolte con Oswald in un complotto per assassinare il presidente” ha affermato il direttore in un comunicato.
Ricordiamoci che erano passati solo tre giorni dall’assassinio e che oggi quarantatre anni dopo esistono ancora dei dubbi a riguardo.
Fin dall’inizio l’indagine dell’Fbi sull’assassinio del presidente Kennedy fu caratterizzata da gravi lacune perché si fondava su di una falsa premessa: Il direttore non aveva mai torto.
Dodici anni dopo la commissione di inchiesta sugli omicidi politici, appositamente istituita dalla camera, concludeva le proprie indagini con questa considerazione:
” La convinzione personale di Hoover che Oswald avesse agito da solo ha influenzato il corso delle indagini, affrettandone la conclusione dopo un esame troppo superficiale dell’ipotesi cospirativa”
Nel 1979 la stessa commissione, dopo aver esaminato i documenti rimasti ed aver ottenuto le deposizioni di tutti i testimoni ancora in vita, concluse che l’indagine dell’Fbi sull’eventualità di complotto era stata lacunosa proprio nei settori che la commissione aveva individuato come maggiormente sospetti: la criminalità organizzata, i cubani filo e anticastristi, oltre ai possibili legami di Lee Harvey Oswald e Jack Ruby con personaggi di quegli ambienti. In quei campi, in modo particolare, le indagini dell’Fbi furono, secondo le apparenze, insufficienti per scoprire un’eventuale cospirazione.
Naturalmente, il fatto che Hoover non volesse scoprirla aveva contribuito non poco.

martedì 28 aprile 2009

Biografia JFK a cura di Perazzani Daniele


JOHN FITZGERALD KENNEDY



John Fitzgerald Kennedy, (Brookline, Massachusetts 1917 - Dallas, Texas 1963), trentacinquesimo presidente degli stati uniti (1961 - 1963).

Figlio di Joseph (Boston 1888 - Hyannis Port 1969), sin da giovane fu, con i suoi fratelli, «programmato» dai genitori per arrivare molto in alto: studi e laurea ad Harvard (1937), viaggi in Europa, dove il padre era ambasciatore a Londra e dove raccolse materiale per la sua tesi sulla politica inglese sino al Patto di Monaco (settembre 1938), pubblicata nel 1940 col titolo Why England Slept (Perché l'Inghilterra dormì). Combattente volontario in marina nella II guerra mondiale, ottenne un'alta onorificenza al valore. Caduto in guerra il fratello maggiore, JFK, ne raccolse l'eredità secondo i piani della famiglia e si dedicò alla politica. Democratico, fu eletto alla Camera dei Rappresentanti da un collegio del Massachusetts nel 1946, poi, dal 1952 al 1961, fu senatore, sempre in rappresentanza del Massachusetts. Da quel momento ebbe inizio la preparazione per l'ulteriore ascesa. Nel 1956 entrò a far parte della Commissione Affari Esteri, dove sostenne la maggiore importanza degli aiuti economici, rispetto a quelli militari, per i Paesi sottosviluppati; tra il 1958 e il 1959 concorse all'elaborazione della legge Landrum-Griffin, che migliorava la legislazione sul lavoro. Si era dunque attestato su posizioni moderatamente liberali (nel senso americano del termine, riformista) allorché scese in campo per la conquista della presidenza, nel 1960. Validamente appoggiato dalla famiglia paterna, dalla moglie (Jacqueline Bouvier, sposata nel 1953) e da un ottimo apparato di collaboratori, riuscì prima ad assicurarsi la candidatura democratica, poi a battere il rivale repubblicano, Nixon. Imperniò la propria campagna elettorale sul tema della «Nuova Frontiera», indicando con questo termine la meta cui gli Americani avrebbero dovuto tendere negli anni Sessanta. Scuotendosi dal pigro compiacimento dell'era di Eisenhower, essi avrebbero dovuto rispondere alle sfide del momento storico, del comunismo per un verso e del Terzo Mondo per altro verso; e appunto per vincere la gara col comunismo presso il Terzo Mondo gli U.S.A. avrebbero dovuto attuare un'energica ripresa dell'economia all'interno e altresì realizzare riforme e miglioramenti, a cominciare dal problema dei neri. L'attuazione di questo programma, in sostanza generico, incontrò una seria limitazione nella posizione di debolezza di Kennedy, eletto con un margine sommamente esiguo di voti, appena centomila, sul rivale. Si spiega così come il Congresso, pur a maggioranza democratica, non legiferò su alcuna delle proposte innovatrici di JFK, neppure sullo scottante problema dei neri, che il presidente aveva messo in rilievo, in più d'un messaggio, in tutta la sua drammaticità. Lo scontro con i trusts dell'acciaio e del petrolio fu un altro elemento di limitazione dell'indipendenza di Kennedy. Sul piano della politica interna si impegnò nella lotta alla disoccupazione con un ingente programma sociale di sussidi e aumenti salariali; vennero incrementati anche gli investimenti nella ricerca scientifica e nei programmi spaziali e le spese per la difesa militare, con la conseguente crescita delle commesse per le industrie belliche.

Sul piano della politica estera, invece, i primi mesi del 1961 furono contrassegnati da una serie di crisi internazionali: Kennedy era deciso a proseguire la politica di "contenimento" del comunismo, e con questo spirito approvò un piano strategico preparato dall'amministrazione precedente (Eisenhower) che si proponeva di rovesciare il regime comunista cubano di Fidel Castro. L'operazione di sbarco alla baia dei Porci, però, fallì clamorosamente e il presidente se ne assunse la piena responsabilità. Nel tentativo di avviare un dialogo con l'Unione Sovietica, nella primavera del 1961 si incontrò con il premier sovietico Nikita Kruscev con il quale concordò la neutralizzazione del Laos, allora minacciato dai rivoluzionari comunisti, ma non riuscì a raggiungere un'intesa che appianasse le tensioni in corso a Berlino: quando, nell'agosto dello stesso anno, venne eretto il Muro Kennedy rispose con l'invio di 1500 uomini nella città tedesca.

Il clima di conflittualità della Guerra Fredda si accentuò ulteriormente quando l'Unione Sovietica riprese gli esperimenti nucleari; la minaccia di una nuova guerra mondiale divenne pressante nell'autunno del 1962, con la crisi cubana dei missili. Alcuni aerei da ricognizione americani, sorvolando l'isola di Cuba, scoprirono l'esistenza di basi missilistiche sovietiche: Kennedy pose l'embargo all'isola, ordinando all'Unione Sovietica di smantellare le basi. Il 28 ottobre Kruscev aderì alla richiesta: il presidente degli Stati Uniti revocò l'embargo assicurando che l'isola non sarebbe stata invasa. La ritirata sovietica fu per Kennedy un trionfo politico e personale.

Il clima internazionale visse un momento di distensione nel 1963, quando Stati Uniti, Gran Bretagna e URSS riuscirono a raggiungere un accordo per la messa al bando degli esperimenti nucleari. Kennedy lanciò inoltre l'Alleanza per il progresso, un piano di aiuti per lo sviluppo economico dell'America latina. I successi sul piano internazionale furono tuttavia oscurati dall'aggravarsi della situazione in Vietnam: la decisione di Kennedy di inviare un contingente di 17.000 uomini a sostegno di un regime instabile minacciato dalla corruzione e da una crescente rivolta comunista costituì il primo passo del coinvolgimento americano in una guerra che si sarebbe rivelata catastrofica per gli Stati Uniti.

Nell'autunno del 1963 il presidente cominciò a organizzare la campagna per la propria rielezione; l'impegno per favorire l'integrazione razziale e garantire il diritto di voto ai neri aveva suscitato un crescente malcontento e gruppi di ispirazione razzista avevano provocato gravi episodi di violenza. Il 22 novembre, mentre attraversava la città di Dallas a bordo di una limousine scoperta, Kennedy venne colpito da un proiettile alla testa e morì.

La notizia del suo assassinio suscitò un'immensa emozione sia nel paese sia nel mondo intero. Poche ore dopo la sua morte, venne arrestato un ex marines, Lee Harvey Oswald, che due giorni più tardi fu a sua volta assassinato da Jack Ruby mentre veniva trasferito da un carcere a un altro. Nel settembre del 1964 il presidente della Corte Suprema Earl Warren pose fine alle indagini stabilendo che il presidente era stato ucciso da Oswald, che aveva agito da solo, ma la sentenza non mancò di sollevare molti dubbi, tuttora insoluti. Fra le varie ipotesi, confermate anche dalle dichiarazioni di numerosi testimoni, si fece strada quella di un complotto a fini politici.